
Il voto a Milano merita qualche considerazione sulla partecipazione e sulle preferenze attribuite dagli elettori ai Candidati in Consiglio comunale (soprattutto in “casa mia”). Ho fatto qualche valutazione confrontando i numeri del 2021 con quelli del 2016.
I votanti sono complessivamente calati: da 550.194 del 2016 (partecipazione al 54,65%) sono scesi a 491.141 (partecipazione al 47,72%, la più bassa di sempre per Milano), cioè con una diminuzione di 59.053 elettori.
Questa minore partecipazione non sembra però aver colpito in egual misura i due schieramenti, tant’è che Beppe Sala incrementa il proprio consenso di 53.322 voti, passando dai 224.156 voti del 1° turno del 2016 (quando ottenne il 41,70% dei voti espressi) ai 277.478 voti di questa tornata elettorale che l’ha eletto Sindaco senza ricorso al ballottaggio (57,73%).
L’elettore decide di astenersi per plurime ragioni: tra queste l’insoddisfazione rispetto alla politica in generale, il non considerare adeguato il candidato rispetto al proprio orientamento elettorale, oppure non credere contendibile la partita; ma c’è anche chi – pur non riconoscendosi in un dato schieramento – apprezza l’operato del sindaco in carica e decide di “sostenerlo” senza recarsi alle urne per dare il proprio voto al candidato del proprio schieramento. È certamente un mix di queste diverse opzioni ciò che ha portato alla forte astensione. Un’astensione che non si è evidentemente ripartita in maniera eguale sugli schieramenti e candidati in campo.
Del resto lo si evince anche guardando alle preferenze espresse dagli elettori.
La coalizione di Sala elegge 31 consiglieri comunali: 20 con il PD, 5 con la Lista Sala, 3 con Europa Verde, 2 con i Riformisti, 1 con Milano in Salute. Di questi, 29 su 31 hanno ottenuto tutti più di 1.000 preferenze (solo il 2° e il 3° eletto della lista Europa Verde sono sotto tale soglia).
La coalizione di Bernardo elegge 16 consiglieri: 6 con la lega, 5 con Fratelli d’Italia, 3 con Forza Italia, 1 con la lista Bernardo, 1 con Milano Popolare. Di questi 16, solo 7 superano la soglia delle 1.000 preferenze: 3 eletti su 6 della Lega, 1 eletto su 5 di FdI, tutti e 3 gli eletti di FI e l’eletto di MP.
Il PD mette a segno il 1° e 2° posto per numero di preferenze raccolte: Maran (9.166) e Scavuzzo (4.563); il 3° posto se lo aggiudica la Lega con Sardone (3.585). Seguono al 4° posto Forte di Milano Popolare (2.629) e al 5° posto Bertolé del PD (2.586).
Lato parità di genere, la coalizione di Sala elegge 13 donne su 31 (8 PD, 1 Lista Sala, 2 Europa Verde, 2 Riformisti), pari al 42% degli eletti; quella di Bernardo 4 su 16 (3 Lega, 1 FdI), pari al 25% degli eletti.
Il PD Milano ottiene uno straordinario 33,86% di voti, passando dai 145.933 del 2016 (28,87%) ai 152.200 di questa tornata elettorale, incrementando il consenso di 6.267 voti. Una crescita che si riverbera – a dispetto del calo dei votanti – anche sulle preferenze: sono state 52.832 quelle complessivamente raccolte dai 48 candidati del PD, 523 in più rispetto al 2016. Il PD è il partito che raccoglie il maggior numero di preferenze, con una tasso di “preferenzialità” del 35% (cioè, statisticamente, una preferenza espressa ogni 2,85 schede con croce sul simbolo del PD). I candidati PD che hanno superato 1.000 preferenze sono 22, mentre nel 2016 furono 17. Un risultato molto positivo.
Tra i 20 eletti del PD, 5 sono new-entry. Dei restanti 15, rispetto al 2016, 13 aumentano le loro rispettive preferenze, con il top messo a segno da Scavuzzo che totalizza un +106,75% di preferenze. Seguono Bertolé con +82,11% e Buscemi con +78,78%.
Un appunto anche sul tema giovani: il PD porta a Palazzo Marino due Giovani Democratici: Gaia Romani, 4ª con 2.201 preferenze e Federico Bottelli, 7° con 1.676 preferenze; oltre ad eleggere nei Municipi molti giovani provenienti dall’esperienza GD e che totalizzano 10.962 preferenze raccolte. Che i giovani sappiano prendersi spazio nelle istituzioni politiche è senza dubbio un bel segnale.
Questi numeri – uniti a quelli di pari tenore dei Municipi – mettono in luce una accresciuta capacità dei candidati del PD di essere territorialmente radicati. Su questo bisogna dare atto alla Segretaria del Pd milanese Silvia Roggiani di aver saputo costruire una lista equilibrata, inclusiva, che ha abbracciato diversi mondi e realtà milanesi. Ma del resto Silvia Roggiani e la sua segreteria non si sono limitati ad operare buone scelte per comporre la lista di candidati: piuttosto questo è il frutto di un costante lavoro che progressivamente ha portato il PD Milanese (prima sotto la guida di Pietro Bussolati ed ora con Silvia Roggiani) ad essere una realtà molto ben organizzata, presente sul territorio, che fa politica durante tutto l’anno e non solo in vista del voto, che ha dato molto spazio a giovani leve, impegnato sui temi della parità e dei diritti come quelli socio-economici.
I successi del PD milanese sono frutto del lavoro condotto con tenacia in questi anni. Quello di Milano – a detta di molti – è forse il miglior PD d’Italia. Non so se sia davvero così, ma a me piace molto.
( i 6 eletti più votati della lista PD).
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