Il senso ed il valore del 25 Aprile

In queste settimane si sono susseguite polemiche sul valore del 25 Aprile e sull’antifascismo, sul senso e l’eredità della Liberazione per il nostro Paese. Accade sempre, ma questo anno è diverso, perché il principale partito della coalizione che ha vinto le elezioni politiche nel settembre 2022 non ha questa data e quell’evento storico nel proprio “pantheon” ideale. Anzi: affonda le proprie antiche radici altrove.

Dalla Resistenza e dalla Liberazione è nata la nostra Costituzione.

Il Presidente del Senato Ignazio La Russa, uno dei massimi esponenti di Fratelli d’Italia, ha addirittura affermato “nella Costituzione non c’è l’antifascismo”, sollevando una miriade di polemiche.  

Per altro, curiosamente, Fratelli d’Italia, nel testo del proprio statuto pubblicato sul proprio sito, è l’unico partito che non fa mai riferimento alla Costituzione repubblicana.

Perché la data del 25 Aprile e la Liberazione di Milano dal nazifascismo hanno un valore nazionale, un valore fondante per la Repubblica e la Costituzione? Tenendo conto del momento storico che viviamo e dei tentativi di dimenticare la Storia, addirittura di revisionarla, meglio ripassare come sono andati gli eventi e perché 25 Aprile e Liberazione sono un simbolo per la nazione.

Milano fu la città dove nacque e si affermò il fascismo e dopo l’8 settembre 1943 (armistizio di Cassibile) fu scelta come sede del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia: proprio da Milano, dall’istituto salesiano di via Copernico, dove erano rifugiati i capi della Resistenza, il 25 aprile 1945 – in seguito allo sfondamento della Linea Gotica da parte degli alleati e all’azione della Resistenza – partì l’ordine di insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane di attaccare i presìdi fascisti e tedeschi per imporre la resa, giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate. Quell’ordine avrebbe dispiegato i propri liberatòri effetti già in quella giornata e poi, per altre città, in quelle successive, provocando la ritirata dei tedeschi e dei soldati della Repubblica sociale di Salò. I primi scontri si ebbero già la mattina del 24 aprile, in zona Niguarda. Quasi contemporaneamente all’ordine di insurrezione generale, Leo Valiani, Sandro Pertini ed Emilio Sereni, in nome del Comitato Insurrezionale, diramarono l’ordine di sciopero generale a partire dalle ore 13 del 25 aprile. Benito Mussolini veniva arrestato il 27 aprile a Giulino di Tremezzina e fucilato il 28 aprile a Dongo: il giorno seguente si tenne il “disonorevole” “spettacolo” (cit. Pertini e Parri) di piazzale Loreto a Milano. Il 29 aprile 1945, alle ore 14, venne firmata nella reggia di Caserta la resa dei tedeschi: il cessate il fuoco, che sanciva la fine della seconda guerra mondiale in Italia, sarebbe cominciato alle ore 14 del 2 maggio. Il 6 maggio 1945 si tennero in molte città d’Italia le sfilate della Liberazione come atto simbolicamente conclusivo della Resistenza.

Sandro Pertini in piazza Duomo a Milano il 25 aprile 1945 [Collezione privata Ivano Castaldini]

La densità e intensità degli eventi accaduti fu tale che, anche se la guerra non finì formalmente il 25 aprile 1945, quella data venne scelta come simbolo della Resistenza e Festa della Liberazione. E questa decisione non venne presa in età repubblicana, bensì già l’anno seguente: il 22 aprile 1946, infatti, su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, Umberto di Savoia, Luogotenente generale del Regno d’Italia (sarebbe diventato re il 9 maggio seguente, in seguito all’abdicazione del padre Vittorio Emanuele III), emanò il Decreto Legislativo Luogotenenziale n°185, che recitava: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”. La ricorrenza venne celebrata anche nei tre anni successivi e con la legge 27 maggio 1949 n°260 venne istituzionalizzata come festa nazionale, insieme al 2 giugno, Festa della Repubblica.

Questa breve ed asciutta ricostruzione storica dovrebbe bastare (anche a La Russa…) per capire l’importanza di questa data, che fa da spartiacque tra l’epoca cupa delle privazioni di libertà e diritti e quella della rinascita democratica.

Ma se ciò non bastasse, se qualcuno volesse insistere nel sostenere che il 25 Aprile e la Liberazione non sono una festa di popolo ma solo di una parte, se si insistesse nel sostenere che la Costituzione non ha a che fare con l’antifascismo (sic!), ecco alcune parole di Aldo Moro, democristiano, che all’Assemblea costituente pronuncia queste parole il 13 marzo 1947, intervenendo nella discussione generale sul progetto di Costituzione e in particolare per commentare gli artt. 1, 6 e 7 del progetto costituzionale (l’art. 1 manterrà, nella stesura definitiva della Costituzione, lo stesso numero; gli artt. 6 e 7 diventeranno, rispettivamente, i numeri 2 e 3: sono quelli relativi ai diritti inviolabili dell’uomo e all’eguaglianza):

(…) Diceva l’onorevole Lucifero [Roberto Lucifero, liberale e monarchico, cugino di Falcone Lucifero, ultimo ministro della Real Casa, ndr], nel corso del suo interessante intervento in sede di discussione generale (…) che era suo desiderio che la nuova Costituzione italiana fosse una Costituzione non antifascista, bensì afascista. Io, come già ho espresso in sede di Commissione all’amico Lucifero qualche riserva su questo punto, torno ad esprimerla, perché mi sembra che questo elementare substrato ideologico nel quale tutti quanti noi uomini della democrazia possiamo convenire, si ricolleghi appunto alla nostra comune opposizione di fronte a quella che fu la lunga oppressione fascista dei valori della personalità umana e della solidarietà sociale. Non possiamo in questo senso fare una Costituzione afascista, cioè non possiamo prescindere da quello che è stato nel nostro Paese un movimento storico di importanza grandissima, il quale nella sua negatività ha travolto per anni le coscienze e le istituzioni. Non possiamo dimenticare quello che è stato, perché questa Costituzione oggi emerge da quella resistenza, da quella lotta, da quella negazione, per le quali ci siamo trovati insieme sul fronte della resistenza e della guerra rivoluzionaria ed ora ci troviamo insieme per questo impegno di affermazione dei valori supremi della dignità umana e della vita sociale. (Applausi). Guai a noi, se per una malintesa preoccupazione di serbare appunto pura la nostra Costituzione da una infiltrazione di motivi partigiani, dimenticassimo questa sostanza comune che ci unisce e la necessità di un raccordo alla situazione storica nella quale questa Costituzione italiana si pone. (…) Non possiamo, ripeto, se non vogliamo fare della Costituzione uno strumento inefficiente, prescindere da questa comune, costante rivendicazione di libertà e di giustizia. (…) Questa, ripeto, non è ideologia di parte, è una felice convergenza di posizioni”.

E più avanti, nello stesso discorso, commentando in maniera puntuale l’art. 1 del progetto di Costituzione, afferma:

(…) si dice che questa sovranità «è esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi». Fummo noi, io ed alcuni colleghi, nell’ambito della prima Sottocommissione, che chiedemmo che vi fosse una indicazione di questo genere, la quale servisse a precisare in modo inequivocabile, dopo la dura esperienza fascista, che la sovranità dello Stato è la sovranità dell’ordinamento giuridico, cioè la sovranità della legge. Non è il potere dello Stato un potere o un prepotere di fatto: è un potere che trova il suo fondamento e il suo limite nell’ambito dell’ordinamento giuridico formato appunto della Costituzione e delle leggi. E anche questa mi sembra rilevantissima affermazione e dal punto di vista politico e anche da quello pedagogico, direi, che non dovrebbe essere estraneo alle intenzioni di coloro che compilano una Costituzione per un popolo che per 20 anni è stato diseducato e ha bisogno di essere richiamato e riabituato a queste idee fondamentali attraverso le quali soltanto si garantisce la dignità e la libertà degli uomini.

E forse, a 78 anni dalla Liberazione e a 75 anni da quella straordinaria opera dell’Assemblea costituente, quel lavoro politico e pedagogico a vantaggio di “un popolo diseducato”, pare essere ancora necessario…

[Nella foto in apertura la parata partigiana del 6 maggio 1945 con i vertici del Corpo Volontari della Libertà a Milano, tra San Babila e l’attuale corso Matteotti – Fonte: Istituto Nazionale Ferruccio Parri]

PS: qui l’intero discorso di Moro del 13 marzo 1947 all’Assemblea costituente.

Eugenio

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