Ieri sono intervenuto alla “Leopoldina” di Segrate, una bella iniziativa promossa dall’amico Paolo Micheli – capogruppo di Segrate Nostra – che prendendo spunto dalla Leopolda fiorentina di Matteo Renzi ha ha cercato di immaginare come cambiare la città ascoltando chi vive e lavora ogni giorno sul territorio. A Cascina Ovi sono stati invitati ad intervenire una ventina di persone della società civile, imprenditoriale e culturale che hanno qualcosa da dire sulla “buona amministrazione”; tra di loro ospiti illustri come Faso di Elio e le torie Tese e Giorgio Gori, professionisti e tanti volti della società civile segratese, dal mondo della scuola a quello dell’associazionismo. E poi c’ero anche io.
«Se fossi il Sindaco io… 5 minuti per cambiare» il titolo della manifestazione. Io ovviamente non ho intenzione di fare il primo cittadino di Segrate, ma sono stato invitato a tenere un intervento a proposito della collaborazione tra i Comuni della cintura metropolitana milanese. Di seguito il testo del mio contributo in quella che è stata una partecipata e riuscita manifestazione (una manifestazione anche di amore per la propria città: complimenti agli organizzatori segratesi!).
Mobilità, traffico, inquinamento, trasporti pubblici, gestione del territorio, consumo di suolo, densificazione abitativa, regole per edificare, sostenibilità ambientale, servizi integrati.
Potrei citare anche altri temi ma è su tali questioni che nei nostri territori si misura e si misurerà in futuro la qualità della vita.
Abitiamo una delle zone più ricche d’Europa, ma certamente anche una di quelle più disorganizzate, soprattutto se si considerano le potenzialità e le disponibilità di fattori positivi.
La disorganizzazione – e quindi l’inadeguatezza delle risposte – è figlia di una ormai cronica incapacità di porre in essere un efficace dialogo interistituzionale affinché i problemi che viviamo trovino una definizione su scala più ampia di quella di ogni singolo Comune.
Per lungo tempo sono mancati coordinamento, decisioni condivise, coraggio di porre in secondo piano l’ombra del proprio campanile: le mancate risposte che l’area metropolitana milanese vive – e i nostri territori subiscono – sono frutto di questa miopia politica.
La complessità dei problemi con i quali ci scontriamo rende oggi necessario mettere intorno allo stesso tavolo teste e rappresentanze diverse per poter discutere e decidere; oggi è davvero necessaria la creazione, come istituzione di nuova formazione, dell’Area Metropolitana milanese: tale nuovo soggetto si sostituirebbe alla Provincia di Milano – che come Ente dovrebbe scomparire – e contemporaneamente consentire di modificare ruolo, funzioni e poteri del Comune di Milano (anch’esso cancellato a favore della nascita di nuove municipalità interne, corrispondenti alle attuali Zone) e dei Comuni dell’hinterland.
Abbiamo bisogno di fidarci gli un degli altri e di mettere sul piatto della condivisione una fetta delle singole competenze comunali: da sole non consentono di risolvere alcun problema, se condivise permetterebbero di elaborare risposte su vasta scala che andrebbero ad incider in maniera più significativa sui nostri territori.
Negli anni ’60 il progetto della “Linee celeri dell’Adda” – l’attuale Linea 2 della Metropolitana – fu pensato per gestire i flussi di traffico già allora importanti che provenivano da est; le fermate di tale linea esterne a Milano sono oggi 13, raggiungendo 7 Comuni diversi. Da allora ad oggi non c’è stato alcun altro progetto che abbia avuto uno sguardo così ampio sul territorio milanese e sui problemi che esso genera e vive.
Servono oggi un disegno strategico che sia orientato ad una pianificazione su vasta scala delle risposte da dare ai problemi ed “un di più” di coraggio da parte degli amministratori pubblici chiamati dagli elettori a guidare le rispettive comunità.
In questi ultimi tempi qualcosa si sta muovendo: il Comune di Milano e la Provincia di Milano si sono accordati per far partire il processo costitutivo di questa nuova istituzione quale è la città metropolitana milanese.
Ma anche nei nostri territori ci sono segnali che la collaborazione e le scelte condiviso stanno prendendo piede: la partecipazioni a bandi regionali per il finanziamento di opere o riqualificazioni ambientali, la nascita di alcuni PLIS, le gestioni coordinate di diversi servizi, l’operatività dei piani di zona, le proposte culturali di rete. Segnali che lasciano ben sperare che a breve ci si orienti convintamente verso collaborazioni e codecisioni. Se non lo faremo coscientemente ci arriveremo costretti dalle condizioni dei bilanci pubblici comunali che – di questo passo – a breve non consentiranno più di dare le risposte che si riuscivano ad elaborare anche nel recente passato. Meglio dunque giungere a tale scenario per scelta meditata, ragionata e pienamente sposata, piuttosto che doverci arrivare perché obbligati dai fatti e dagli eventi.
Sempre nei nostri territori abbiamo registrato in questi anni il fiorire di “buone pratiche” in numerosi diversi campi amministrativi, riconosciute come tali anche all’esterno dei nostri territori: guardare ad iniziative come queste non con gli occhi dell’invidia amministrativa e politica ma con quelli del benchmarking contribuirebbe ad elevare la qualità della vita delle nostre cominità.
E per arrivarci il primo passo non può che essere quello di dirci: sì, vogliamo collaborare insieme. Io ci sono! E voi?
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