Qui di seguito il testo dell’intervento che ho tenuto all’Assemblea Nazionale degli Amministratori del Partito Democratico, che si è tenuta a Milano il 10 e 11 marzo:
La riforma federalista che si sta attuando è assolutamente deludente per gli Enti Locali, perché lascia aperti gran parte dei problemi che negli anni più recenti hanno condizionato negativamente la finanza comunale e che dovevano essere risolti.
La normativa concernente il cosiddetto “Federalismo Municipale” rientra, come sappiamo, in quanto previsto dalla legge 42 del 2009 “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione“, che ha delineato un modello di federalismo cooperativo (in coerenza con i fondamentali principi costituzionali) e che risulta composta da più parti; oltre al federalismo municipale – lo sappiamo bene – la legge delega ha previsto: federalismo demaniale, Roma Capitale, autonomia impositiva delle Regioni, determinazione dei “fabbisogni standard”.
Quanto a quest’ultimo punto, è doveroso denunciare che calcolare correttamente i fabbisogni standard senza prima determinare “chi fa che cosa” (attraverso il Codice delle Autonomie), senza fissare i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e gli obiettivi di servizio, è come costruire una casa senza le fondamenta!
Non è così peregrina l’ipotesi che i “fabbisogni standard” così calcolati possano essere facilmente impugnabili dagli Enti penalizzati rendendo, di conseguenza, nullo l’effetto della riforma.
Tale aspetto è fondamentale perché la riforma sia coerente con quello che è un punto centrale della legge delega, un punto che fa mantenere in equilibrio tutta la riforma federalista rispetto ai principi base ispiratori: si tratta dell’art.18, che definisce sia l’obiettivo della convergenza dei costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli di governo, ma anche quello della convergenza degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e alle funzioni fondamentali di cui all’articolo 117, comma 2, lettere m) e p) della Costituzione. La riforma deve quindi saper raggiungere sia l’efficienza della spesa, ma anche livelli essenziali delle prestazioni.
Il meccanismo pratico messo in moto, però, contraddice la virtuosità di tale percorso teorico.
La riforma che riguarda direttamente i Comuni e i Sindaci, il federalismo municipale, è più modestamente un riordino dei tributi locali; il concetto di federalismo municipale non è previsto costituzionalmente in quanto gli Enti Locali non possono “creare” tasse; per di più non esiste neppure l’idea di autonomia e di sussidiarietà.
In particolare questa riforma non consente affatto al cittadino-contribuente di capire dove vanno a finire i soldi che versa; un vero federalismo fiscale dovrebbe infatti prevedere che il cittadino vede e paga per i servizi che riceve: il classico principio alla base del controllo democratico “vedo, pago, voto” viene così contraddetto. Gran parte del finanziamento dei Comuni arriva dal Fondo Perequativo e da compartecipazioni (cioè da finanza derivata). I soldi sono versati allo Stato che poi li elargisce agli Enti Locali. E quindi: cosa cambia rispetto ad oggi? Il “bidone” dal qual si attinge? I Comuni, con questa riforma, perdono autonomia e dipenderanno sempre più dalle Leggi di Stabilità dello Stato.
Il fondamentale principio che ho già citato poco fa, quello del “vedo, pago, voto”, viene contraddetto e frantumato anche da un’altra scelta errata contenuta nella riforma e figlia di ideologismi e tatticismi elettorali del centrodestra: la loro pervicace volontà di non toccare assolutamente la prima casa porterà ad un consolidamento assolutamente squilibrato della fiscalità comunale; infatti la principale imposta dei Comuni graverà soprattutto sui non residenti, in ciò appunto facendosi beffa del principio “vedo, pago, voto”.
Inoltre l’introduzione della cedolare secca sugli affitti nulla ha a che fare con una riforma federalista della finanza comunale: tale gettito verrebbe in parte attribuito dal 2011 ai Comuni; ma se si considerano le diverse valutazioni sulla consistente perdita di gettito che la sua introduzione comporterebbe, ciò rischia di aprire una vera e propria voragine nei bilanci comunali. Risorse che andrebbero recuperate con una virtuale emersione dell’evasione fiscale, che per ora sta solo negli auspici.
Il ridisegno della fiscalità municipale delineato dal Governo, quindi, parte compromesso da una secca riduzione delle risorse attribuite ai Comuni e poggia su basi finanziarie assolutamente precarie.
Questa riforma poco ha a che vedere con un vero federalismo fiscale, dove il cittadino vede e paga per i servizi che riceve; accanto all’imposizione immobiliare, i cui cespiti dovrebbero però essere completamente gestiti dai Comuni anche attraverso il compimento del decentramento catastale, andrebbe invece introdotta una vera e propria tassa sui servizi generali e indivisibili non tariffabili erogati dai Comuni, potenziati gli strumenti di autonomia finanziaria e impositiva, previsti adeguati fondi di perequazione.
Insomma, al riparo dei vessilli del federalismo si cela una controriforma centralista della gestione della finanza pubblica che sta colpendo il welfare locale, l’erogazione di molti servizi, l’autonomia stessa degli Enti Locali!
Il federalismo che noi tutti ci aspettiamo e vorremmo costruire insieme a quanti hanno davvero a cuore questa riforma, è certamente necessario per affrontare tutte le diversità esistenti oggi in Italia e non governabili centralisticamente (i dati sul funzionamento dei Comuni e delle Regioni, della sanità, dell’istruzione, della gestione dei rifiuti, delle infrastrutture, dell’uso dei finanziamenti europei, ecc., lo dimostrano) e per responsabilizzare Amministrazioni locali e cittadini sull’uso delle risorse pubbliche.
Abbiamo bisogno di un federalismo responsabilizzante, che unisce verso prospettive condivise del bene pubblico, che stimola a operare meglio per il bene locale e il bene nazionale, che si preoccupa della tenuta e della ricostruzione del tessuto sociale.
Il PD vuole e deve giocare la partita del federalismo fiscale perché crede – da sempre! – all’autonomia degli Enti Locali. Il nostro Partito ha il dovere di giocare questa sfida come deve fare un grande partito riformista, con non ha timore di dire che l’esistente non va più bene, che c’è la necessità di andare avanti e l’unico percorso che può portare ad innovazione e cambiamento è quello di un sano autonomismo! Un grande partito riformista sa elaborare una proposta che diventa occasione di confronto oggi con chi governa e domani con chi controllerà la nostra azione di guida del Paese.
Su questo terreno noi non giochiamo una partita di difesa, o nel timore che chi ci sta di fronte sia un giocatore più esperto e bravo di noi! No! Su tale percorso non si torna indietro: il processo innescato è irreversibile, anche se potrà essere lungo e contrastato, come già vediamo.
È importante che venga recuperato il filo logico della legge delega e si proceda per step con l’obiettivo di definire dapprima il “chi fa che cosa”, quindi quali siano i livelli essenziali delle prestazioni per poi fissare i costi standard ed infine riorganizzare la finanza locale in funzione di questi dati certi.
Perciò è fondamentale che si riparta dalla discussione sul Codice di Autonomie, che è stato approvato in prima lettura dalla Camera dei Deputati, ma che si è impantanato al Senato.
Nei giorni scorsi, durante il voto alla Camera dei Deputati sul federalismo municipale, il nostro Segretario nazionale Pierluigi Bersani ha ben tracciato quella che deve essere la nostra posizione politica: “Il concetto stesso di federalismo fiscale lo abbiamo introdotto noi e lo abbiamo messo in Costituzione. Siamo interessati a fare il federalismo fiscale. Dunque, se lo si fa e lo si fa per bene, noi votiamo a favore; se non lo si fa e si fa un pasticcio, noi votiamo contro”.
Queste parole dicono a tutti noi che sul tema dell’autonomismo noi non siamo figli di un dio minore, noi non andiamo a lezione dalla Lega né tantomeno dobbiamo correrle dietro: noi sappiamo cosa voglia dire fare la fatica di amministrare un territorio, sabbiamo cosa significhi non sprecare risorse, far quadrare i bilanci senza creare buchi nella finanza pubblica; sappiamo quali sono gli sprechi da sanare, le buone pratiche da estendere; sappiamo distinguere tra Comuni virtuosi e non virtuosi! A noi il senso del territorio, il valore dell’autonomia, scorre nel sangue, da quando nel lontano 1917 la Lega dei Comuni socialisti (da cui deriva la Lega delle Autonomie, di cui ho l’onore di presiedere la sezione lombarda), promosse specifiche attività di studio per il supporto all’attività del Comitato esecutivo e tra queste quelle per la politica tributaria, per la politica dei consumi, per la politica scolastica, per la politica agraria, per lo studio delle riforme concernenti le Province fino a quella per la difesa dell’autonomia degli Enti Locali! Nel 1921, durante l’ultimo congresso della Lega dei Comuni prima dello scioglimento voluto dai fascisti, Giacomo Matteotti sottolineò l’importanza di non finanziare con mutui la spesa ordinaria dei Comuni e la necessità di imposte proprie dei Comuni: una mobiliare, l’altra immobiliare e la terza, la tassa famiglia. Temi che si ripropongono – certamente più complessi e articolati – agli Amministratori e politici di oggi. E poi ancora sono stati i padri costituenti ad inserire nella nostra Costituzione i riferimenti principali al valore dell’autonomismo. E amministratori, che oggi si riconoscono nel nostro partito, che negli anni ’70 hanno dato compimento alle Regioni.
La nostra storia, le culture di riferimento dalle quali è nato il PD e i nostri tanti Amministratori dicono che abbiamo idee ed esperienze positive da vendere e che non ci facciamo né intimidire né intimorire sulla tematica del valore dell’autonomia degli Enti Locali. Anzi: il ricco patrimonio di conoscenze ed esperienze che i nostri Amministratori si portano sulle spalle sono le nostre migliori credenziali per poter avere l’ambizione di saper disegnare noi una vera riforma dello Stato che garantisca la piena valorizzazione delle autonomie locali, l’efficienza della spesa pubblica ed un miglior funzionamento ella Pubblica Amministrazione.
Partito Democratico, diventa ciò che sei: una vera forza riformatrice che dà valore all’autonomia e che sa ridare fiducia all’Italia!
Eugenio Comincini
Sindaco di Cernusco sul Naviglio (MI)
Presidente di Legautonomie Lombardia
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