Anche quest’anno l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, ha incontrato gli Amministratori locali dei Comuni e delle istituzioni presenti nel territorio della diocesi ambrosiana.
Come sempre ci sono più appuntamenti sul vasto territorio della diocesi per incontrarsi e ascoltare le sue parole; io ho partecipato all’appuntamento di questa sera a Milano.
Qui è possibile leggere il testo integrale del suo intervento dedicato al “seminatore” (qua la sintesi) e qui sotto il mio commento, già apparso su Avvenire di domenica 16 gennaio (e riportato anche qui sul sito della diocesi) all’indomani della prima presentazione del discorso che Tettamanzi ha fatto a Lecco (commento fatto dopo aver letto nei giorni precedenti il testo sotto embargo propostomi dalla testata ;-)).
Come sempre parole – quelle dell’arcivescovo – che fanno riflettere.
Il cardinale Tettamanzi ancora una volta dimostra grande attenzione e sensibilità verso chi è impegnato nel servizio alle proprie comunità territoriali come amministratore pubblico, e di ciò dobbiamo essergli grati.
Del suo discorso voglio sottolineare i riferimenti all’apertura all’altro e all’importanza dell’educare.
Quando l’arcivescovo, commentando la parabola del seminatore, fa riferimento al “terreno umano”, a quell’insieme di persone che abitano un territorio, e ci dice che è possibile contare su tutti per realizzare il bene comune, ci parla della fiducia che in una comunità si deve nutrire nell’altro, ci invita ad avere speranza nell’impegno del prossimo. Di questi tempi queste parole suonano come coraggiose, ma ne abbiamo tremendamente bisogno: spesso nelle nostre città si è perso il senso della fiducia e della stima nel prossimo, fondamentali
per costruire insieme una comunità solida e solidale, attenta e aperta ai bisogni dell’altro. Ecco allora l’invito agli amministratori ad essere fiduciosi e a saper trasmettere fiducia, a saper interpretare la profezia del nostro tempo che è quella di saper seminare relazionalità. Il cardinale ci ha parlato di pazienza, perseveranza, lungimiranza, capacità di ascolto, benevolenza, come doti utili a saper bene interpretare il nostro ruolo: doti non semplici da incarnare, ma quanto mai necessarie per svolgere il proprio servizio nell’ottica prospettata da Tettamanzi stesso.Il cardinale ha poi fatto riferimento – e non è la prima volta che lo fa nei suoi discorsi rivolti alla città e agli amministratori – all’importanza di dare spazio ai giovani, di investire sulla loro formazione, di saper valorizzare le loro proposte e soluzioni, di saperli appassionare – e non allontanare con il cattivo esempio! – a questo servizio. È in invito a dedicare tempo ed energia all’educazione alla giustizia e all’impegno civico. La dimensione dell’educare, forse per troppo tempo trascurata, deve essere recuperata e valorizzata nell’ottica della speranza. Questa attività, questo impegno all’educare, richiede il coinvolgimento anche delle parrocchie che Tettamanzi richiama, nuovamente, a non voltare le spalle a questo delicato ed importantissimo aspetto della vita delle nostre comunità, ma anzi ad investire e spendere energie.
Il suo appello finale alla “potenza della piccolezza” è infine da accogliere pienamente per saper meglio vivere il nostro impegno: liberi dall’ansia della prestazione e del risultato e consapevoli di aver fatto solo il nostro dovere, vedremo i frutti del nostro lavoro crescere nel tempo, per il bene delle nostre comunità.
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