25 Aprile 2011: il mio intervento

Questa mattina si sono tenute anche nella nostra città le celebrazioni per il 66° anniversario della Liberazione.

Come tradizione, dopo la messa e la posa della corona d’alloro al momunento ai caduti, al cippo di Viale Assunta  che ricorda l’eccidio fascista nel quale vennero uccisi i partigiani cernuschesi Cesare Riboldi e Luigi Matavellli, si sono tenuti i discorsi ufficiali, tenuti da Danilo Radaelli, Presidente dell’ANPI locale, da Giorgio Perego, Presidente del Consiglio comunale della nostra città – che ha ricordato i nostri partigiani della montagna, oggetto di un suo recente studio pubblicato dall’Amministrazione comunale – e il mio.

Qui di seguito il testo del discorso che ho tenuto:

Autorità civili e militari, Associazioni partigiane, combattentistiche e d’arma, concittadini;

la Liberazione dal nazifascismo avvenuta 66 anni fa per merito della lotta partigiana ha consentito all’Italia di trovare un’identità democratica e di vivere decenni di crescita civile ed economica, supportati dalle regole della nostra Costituzione, pegno preziosissimo dell’azione di quanti avevano combattuto per la libertà della nazione, dopo vent’anni di dittatura ed una guerra devastante.

È bello quest’oggi accostare questa ricorrenza con quella dei 150 anni dell’Unità d’Italia che stiamo celebrando e ricordare come negli 85 anni che separarono la creazione del Regno d’Italia e la proclamazione della Repubblica, la Resistenza rappresentò un passaggio indiscutibilmente fondamentale per la storia che segnò il nostro Paese.

Come ho recentemente avuto modo di scrivere nell’introduzione al pregevole saggio storico sui cernuschesi partigiani della montagna, scritto dal Presidente del nostro Consiglio Comunale, Giorgio Perego, neppure in quel periodo di cupa paura e di incertezza per le sorti italiane l’unità del nostro Paese fu messa in discussione, nella consapevolezza che è proprio sull’unità che si fonda la nostra forza e la nostra stessa dignità di nazione. Chi combatteva e moriva per la Resistenza, al di là delle appartenenze di partito, erano italiani che esprimevano nel senso più alto il sentimento dell’essere cittadino di una nazione.

La Resistenza – l’ho già ricordato – ha posto le basi della nostra Costituzione, che rappresenta la più alta espressione dell’essere cittadino italiano, con diritti e libertà per cui battersi e con doveri da compiere, nella vita quotidiana di privato cittadino come in quella di rappresentanti delle istituzioni, affinché le libertà, i diritti, la democrazia per la quale altri cittadini italiani hanno lottato e perduto la propria vita siano custoditi e offerti alle generazioni più giovani come il più importante strumento di convivenza civile. La democrazia – ogni democrazia – si fonda sulla Costituzione, il patto fondativo di un popolo, la condizione della convivenza civile in un Paese.

Questo è il modo migliore per onorare la memoria dei nostri concittadini caduti per gli ideali che animarono la lotta partigiana.

Non posso, nella celebrazione di questo 25 Aprile, non fare un esplicito riferimento all’attualità delle ultime settimane, nel corso delle quali sono stati registrati continui pesanti attacchi alla Costituzione e alle Istituzioni repubblicane, che non devono lasciare indifferenti.

Stiamo assistendo ad un crescente imbarbarimento del dibattito politico che pare abbia come obiettivo quello di abbattere la credibilità delle istituzioni stesse – o di una parte di esse – attraverso attacchi e prese di posizione che si configurano come veri e propri tradimenti della Costituzione, spesso da parte di chi su di essa ha pure giurato fedeltà.

Abbiamo assistito ad insulti alla Corte Costituzionale e alla Magistratura, ad insofferenza verso il Presidente della Repubblica, alla proposta di abrogazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, al progetto di riforma dell’art.1 della Costituzione stessa: tutto ciò non può essere tollerato!

In questo giorno solenne è bene ricordare che la Costituzione va letta, studiata, conosciuta; abbiamo bisogno della Costituzione, di questa Costituzione e non di un suo surrogato. Se non avessimo più la Carta fondamentale o ci accontentassimo di qualcosa di meno, oltre a tradire la memoria e il sangue dei partigiani, cesseremmo di essere cittadini! Affermiamolo ancora quest’oggi che per gli italiani – che l’hanno già dimostrato e sancito, anche con il Referendum costituzionale del 2006 – la prima parte della Costituzione è intoccabile, lungimirante e sacra, perché scritta con il sangue di chi ha liberato la Nazione dall’oppressione nazifascista e straniera! La seconda parte della Carta, quella che tratta dell’ordinamento della Repubblica, quella sì potrebbe essere modificata (e ve ne è anche qualche necessità), ma la prima parte deve essere intangibile.

Quando questi attacchi provengono dall’alto, da chi ha maggiori responsabilità nella guida del Paese, non solo si creano le condizioni perché il clima vada sempre più deteriorandosi, ma si corre tremendamente il rischio di far precipitare il sistema di regole fondamentali garantite dalla Costituzione verso una pericolosa deriva.

Bene ha fatto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a decidere che il prossimo 9 maggio, quando si celebrerà il Giorno della Memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, l’omaggio sarà reso in particolare ai servitori dello Stato che hanno pagato con la vita la loro lealtà alle istituzioni repubblicane. Tra loro, si collocano in primo luogo i dieci magistrati che, per difendere la legalità democratica, sono caduti per mano delle Brigate Rosse e di altre formazioni terroristiche. Ricordiamo allora già quest’oggi, come martiri della democrazia – come lo sono stati i partigiani –, i giudici Emilio Alessandrini, Mario Amato, Fedele Calvosa, Francesco Coco, Guido Galli, Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Vittorio Occorsio, Riccardo Palma e Girolamo Tartaglione, che prestarono la loro opera presso i distretti giudiziari di Genova, Milano, Salerno e Roma.

Questa scelta del Capo dello Stato è stata anche la migliore risposta all’ignobile provocazione del manifesto affisso nei giorni scorsi a Milano con la sigla di una cosiddetta “Associazione dalla parte della democrazia”. Quel manifesto rappresenta, infatti, innanzitutto una intollerabile offesa alla memoria di tutte le vittime delle BR, magistrati e non. Condivido pienamente le parole del Presidente Napolitano che su tale vicenda ha dichiarato che si sta “toccando il limite oltre il quale possono insorgere le più pericolose esasperazioni e degenerazioni”. Di qui il suo costante richiamo al senso della misura e della responsabilità da parte di tutti.

Come rappresentante delle istituzioni civili quest’oggi sento anche io il bisogno di gridare il mio sdegno e di richiedere a tutti un forte impegno a difesa dei valori su cui si fonda la nostra Repubblica democratica; serve un sussulto di orgoglio perché il nostro Paese non finisca alla deriva, in un periodo, peraltro, di difficilissima congiuntura economica.

Non è sufficiente protestare e sdegnarsi: è necessario richiedere a quanti hanno coscienza e passione civile un maggior impegno nella vita di tutti i giorni, nello svolgimento delle singole funzioni della vita democratica, ma anche nei grandi momenti della vita del nostro Paese.

Nel giorno in cui ricordiamo i tanti caduti per la Libertà, che hanno sognato per l’Italia un futuro più luminoso di quello che attualmente stiamo vivendo, facciamo sentire quanto ancora penetrante sia la forza della democrazia e la volontà popolare di salvaguardarla!

W la Liberazione! W la Resistenza! W la Costituzione! W l’Italia!

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Eugenio

1 Comment

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  • Bravo Eugenio!

    babonik 12 anni ago Reply


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