Domani si terrà l’annunciata protesta dei Sindaci contro i contenuti della manovra-bis di ferragosto che penalizzano enormemente i Comuni e quindi i cittadini. Tra le ragioni della protesta c’è anche la richiesta di rivedere il patto di stabilità, uno strumento voluto dall’Unione Europea per controllare le rispettive politiche di bilancio, al fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all’euro; ogni Stato membro ha poi declinato le modalità per garantire gli obiettivi.
Spesso, soprattutto negli ultimi mesi, i media hanno parlato dell’insoddisfazione dei Sindaci per il patto di stabilità che attualmente è in essere. Ma cosa esattamente sia il patto d stabilità, la gente comune non l’ha mica capito…
Proverò di seguito in maniera semplice a spiegare cosa sia questo meccanismo perverso che blocca di fatto la crescita delle nostre imprese
Immaginate di avere un lavoro che vi renda 100 all’anno; sulla base di quanto introitate decidete di comprare una macchina che vale 20, di concedervi relax e benessere che vale 5, di comprarvi una casa nuova anticipando 30 ed accollandovi un mutuo di 120 che vi costa 5 all’anno. Il vostro normale tenore di vita impegna il resto dello risorse (40). L’anno seguente la vostra azienda decide improvvisamente e senza possibilità di trattativa che il vostro nuovo stipendio annuo sarà di 80. O tagliate il vostro normale tenore di vita, o vendete la macchina, o rinunciate al godimento del relax e benessere. Se non fate nulla di tutto ciò rischiereste di non poter pagare più il mutuo della casa…
Ora – al di là del banale esempio – cosa accade ai Comuni? Ogni anno il Comune stende il proprio bilancio e decide di impegnare le risorse disponibili: se ho 100 farò per 100, se ho 80 farò per 80 (negli Enti pubblici non è previsto che “si risparmi”, cioè che non si decida come impegnare le risorse a disposizione). Se faccio una strada o faccio una scuola, se do assistenza ai disabili o organizzo concerti, sono scelte politiche. Ma la copertura economica ce l’ho. Ci sono scelte, però, che si sviluppano su più anni: costruire un’opera pubblica è cosa che spesso richiede un lasso di tempo lungo. Prima di avviare l’opera, però, il Comune deve avere tutti soldi da parte, se no non si comincia. Come opera dunque il patto di stabilità? Se faccio una scuola che costa 300 e ci impiego 3 anni per farla, non importa se quando ho avviato l’opera i 300 li avevo già da parte: gli anni seguenti l’avvio dell’opera nel quale si pagano i lavori, il Comune deve garantirsi introiti di flussi pari ai pagamenti che deve effettuare, anche se i soldi li ha già da parte. Ma se a causa dei tagli, della crisi che fa diminuire i redditi e quindi l’addizionale Irpef comunale, delle scelte di costruire di meno (quindi minori oneri di urbanizzazione, già pochini per la crisi stessa), un Comune negli anni a seguire incassa meno (cioè ha minor flussi di entrata), cosa fa? Molla l’opera? Non paga l’azienda? Taglia altre spese per pagare quanto deciso di fare (e già finanziato)?
Può sembrare assurdo, ma i Comuni italiani, per via del patto di stabilità, hanno depositato presso la Banca d’Italia miliardi di euro (a tasso zero) che non possono essere spesi per pagare opere che già sono state decise e finanziate, e spesso avviate!!! Per restare a casa nostra, Cernusco sul Naviglio ha bloccati 22 milioni di euro: attenzione, non da utilizzare per fare altro, ma 22 milioni di euro che risultano essere la sommatoria delle decisioni di spesa già fatte sulla base delle risorse disponibili! Soldi nostri, per spese già decise a favore della nostra comunità, che non possiamo utilizzare se non in funzione di un complicatissimo calcolo basato sui saldi del passato e su alcune voci di quanto ci entrerà nelle casse ogni singolo anno. Fa niente se i soldi già li abbiamo…
Vale la pena meditare su due effetti legati al patto di stabilità, come il nostro Paese l’ha congeniato e sviluppato. Spesso sono proprio gli Enti locali, che non possono pagare per via del patto di stabilità, gli “agenti di morte” di alcune aziende italiane, trovatesi in gravissime difficoltà finanziarie perché non sono state pagate per le loro commesse pubbliche. In un momento di crisi come questo, consentire di pagare le commesse pubbliche equivale a far circolare ricchezza, stipendi, consumi, produzione, ecc., cioè far ripartire l’economia.
Vi pare che un sistema del genere sia sostenibile? Considerando che ogni anno il patto di stabilità è sempre stato inasprito, è comprensibile la rabbia e la protesta dei Sindaci.
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