“Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti…”. Le dimissioni di BXVI

La rinuncia al ministero petrino annunciata questa mattina da papa Benedetto XVI è certamente la “notizia del secolo”: per trovare un caso precedente bisogna risalire a Celestino V, che nel 1296 rinunciò al papato per ritirarsi a fare l’eremita. Un amico della carta stampata che ha commentato con me l’annuncio del Papa ha affermato che quella di oggi è “LA” notizia, dato che i giornalisti che ne hanno data una simile scrivevano ancora a mano su pergamene…

Benedetto XVI ha avuto un grande coraggio nel compiere la decisione comunicata oggi; non deve essere facile pensare di essere accomunato a Celestino V, che Dante ha reso famoso ricordandolo come colui “Che fece per viltade il gran rifiuto”… La storia è ovviamente differente per i due. Certo la scelta di Benedetto XVI innova profondamente la storia e la tradizione della Chiesa ed apre una possibilità che – pur legalmente consentita – mai è stata considerata percorribile dai successori di Pietro. D’altronde c’è anche la “monumentale” decisione del suo predecessore Giovanni Paolo II che ha voluto in modo mistico portare su di sé il peso della malattia, sostenendo che non poteva né doveva “scendere dalla croce”.

No. Non deve essere per nulla stato facile prendere questa decisione.

Papa Benedetto XVI però non ha mai escluso questa eventualità.

Già due anni fa, in una parrocchia romana, il Papa, riconoscendo l’importante funzione del papato, affermava che essa “non è l’ultima istanza”, poiché “L’ultima istanza è il Signore”.

Nel libro intervista con Peter Seewald, Luce del Mondo, del novembre 2010, a proposito delle dimissioni di un Papa, affermava: “Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto e in talune circostanze anche il dovere di dimettersi”.

La decisione di Benedetto XVI, per certi aspetti, non appare come un fulmine a ciel sereno: il Papa non aveva mai escluso questa eventualità.

Certo, per un uomo di quasi 86 anni, con la posizione ricoperta e il ruolo esercitato, il decidere di trasferirsi nel monastero delle suore di clausura sul Vaticano e di non partecipare al prossimo Conclave, comporta una dose di coraggio e di fede non indifferenti.

A ben guardare, però, è la stessa dose di coraggio e di fede che Benedetto XVI ha già usato nel decidere di parlare apertamente dei peccati della Chiesa, nello scegliere di non nascondere più e di condannare apertamente le scabrose questioni legate ai preti pedofili, nella volontà di affrontare il difficile caso dei Legionari di Cristo, nel definire di riformare lo IOR e la trasparenza della banca vaticana rispetto alle regole europee. Una determinazione che presuppone un coraggio ed una fede tenaci.

Resto commosso ed ovviamente scosso da questa decisione, ma questa storica scelta è del tutto coerente con lo stile di questo Papa, accusato spesso di conservatorismo ma che ha saputo anche compiere scelte innovative e – come in questo ultim caso – rivoluzionarie. C’è da essergli grati perchè la sua scelta odierna svela con semplicità come dietro ad un grande ministero come quello di successore di Pietro vi sia un uomo, con i suoi limiti e le sue difficoltà, che si mette al servizio di Dio e della grande comunità ecclesiale. Un servizio che – umanamente – può anche essere interrotto. Le sue parole sul mondo soggetto a rapidi mutamenti, inoltre, riconoscono l’esigenza di un passo meno ingessato dall’età. C’è davvero da inchinarsi davanti a queste parole e alla coraggiosa scelta!

Non fui tra quelli che esultarono quando il 19 aprile 2005 venne eletto 265° vescovo di Roma; ma in questi anni ho apprezzato molti suoi discorsi e interventi, parole che fanno emergere la raffinatezza di un pensiero teologico non comune, profondo e capace di interrogare l’uomo.

Succedere ad un gigante come Giovanni Paolo II era impresa ardua; Benedetto XVI ha saputo incarnare un modo di essere Papa differente dal predecessore, con un’identità sua propria e ben delineata.

Quando alle ore 20 del prossimo 28 febbraio Joseph Ratzinger lascerà per sempre il palazzo apostolico, lascerà anche alle spalle una testimonianza di fede ed una lezione data con grande autorevolezza, che certamente faranno sì che la sua coraggiosa decisione di rinunciare al il ministero petrino non venga annoverata da un novello contemporaneo Dante – se mai ce ne fosse uno in circolazione… – alla viltà e al rifiuto ai quali il povero Celestino V è stato abbinato.

Da fedele cattolico non mancherò di pregare per lui e per la scelta del nuovo Pontefice.

Non sono un confidente dello Spirito Santo, ma non sarei sorpreso se – anche alla luce delle parole di quest’oggi di Benedetto XVI – il suo successore fosse un Papa giovane e con davanti a sé energie e tempo sufficienti per condurre la barca della Chiesa in posizioni più avanzate su molti temi…

Per apprezzare pienamente il senso della sua scelta ed il coraggio e la fede con i quali l’ha compiuta, vale la pena rileggere con attenzione il testo pronunciato stamani da Benedetto XVI durante il Concistoro per tre nuove canonizzazioni: ho evidenziato le parti salienti.

Carissimi Fratelli,

vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.

 

Eugenio

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