Si apre un anno nuovo e tutti ci aspettiamo che possa essere migliore di quello che ci siamo appena lasciati alle spalle.
Spesso, nel tentativo di esorcizzare le criticità – tante anche nel 2014 – ci dimentichiamo che l’anno nuovo è sempre figlio di quello vecchio: il 31 dicembre non cancella i 365 giorni precedenti ed il 1° gennaio eredita le nostre aspettative e i nostri stati d’animo, figli anch’essi di quanto abbiamo vissuto e di come (soprattutto di come) ci poniamo di fronte agli eventi.
Appare quindi evidente che se l’anno appena chiuso è stato denso di criticità, non potremo attenderci che per magia il 2015 sia radioso e sereno…
Ancora troppe persone hanno un atteggiamento negativo verso tutto ciò che le circonda: dallo zerbino di casa propria, passando per la propria città, fino ad arrivare a quanti ci governano, il ritornello che si ripete è che nulla va bene, che tutto è uno schifo, che gli altri sono incapaci, che tutti sono ladri… Quasi che questo Paese sia abitato da una moltitudine di nuovi Leonardo incompresi e sconosciuti…
Può un Paese intero andare avanti in questo modo? No, io sostengo di no.
Non potremo e non possiamo però aspettarci un anno migliore a meno che non si avveri una condizione, un presupposto assolutamente indispensabile ed imprescindibile per rompere la catena della negatività, della mancanza di fiducia, del pessimismo cronico: la condizione è avere piena coscienza che quanto accadrà nel nuovo anno dipende anche da noi. Dipende da me, da te, da chi vive con noi e da chi collabora con noi, da chi ci sta intorno: dipende non solo dal grado di responsabilità che mettiamo nei nostri rispettivi impegni, ma anche e soprattutto dal modo che avremo di approcciare i problemi o – se mi è permesso – dalla maniera che avremo di approcciare la vita. Dipende dalle speranze che riporremo in noi stessi e negli altri.
Non abbiamo certezze, ma di sicuro abbiamo bisogno di maggiori speranze.
L’Italia, come molti altri Paese, vive certo da lungo tempo una crisi pesante; ma questo pur fondato stato di difficoltà copre e a volte addirittura cancella quanto di buono questo Paese riesce a fare, soprattutto in questo periodo complesso. Abbiamo intorno a noi esperienze formidabili (una carrellata può essere letta qui, in parte citata anche dal Presidente Napolitano nel suo ultimo messaggio di fine anno), esempi che dovrebbero rappresentare potenti iniezioni di fiducia, ma troppo spesso pare che ci piaccia di più voltare lo sguardo dall’altra parte, quasi che non si voglia più credere che l’intero Paese possa uscire dalla crisi; spesso si preferisce vedere il bicchiere mezzo vuoto, si preferisce guardare solo a ciò che non va. Intanto – piaccia o non piaccia – le cose fuori e intorno a noi cambiano, come accade sempre in maniera accelerata quando si vive una crisi.
Il mio augurio per l’anno nuovo è dunque quello di saper coltivare e far crescere le speranze, sapendo approcciare problemi e vita stessa con uno stile realmente nuovo, che sappia anche sconfiggere la sfiducia, alla base del perdurare di questa crisi.
Abbiamo davanti un anno che ci offrirà interessanti, stimolanti e nuove opportunità (voglio citare solo l’importante appuntamento di Expo, l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, lo storico 70° anniversario della Liberazione, ma anche l’avvio della Città Metropolitana milanese e – per stare nella mia città – nuove modalità di gestione di importanti servizi pubblici locali, realizzazioni in ambito scolastico, interventi sulla mobilità), ma ciascuno di noi avrà quotidianamente i propri banchi di prova: sta a noi saper cogliere tutto ciò con lo spirito di chi sa valorizzare maggiormente le positività.
Auguri a tutti dunque: che sia un anno ricco di feconde speranze!
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