Il Presidente del Consiglio Conte, con le proprie parole nell’Aula del Senato, ha certificato la fine del Governo populista e sovranista M5S-Lega; ha certificato che i fatti accaduti in queste settimane “impongono di interrompere qui l’esperienza di Governo”.
Conte ha fatto un intervento per metà rivolto ad attaccare Salvini e per metà costituito da una sorta di appunti per il successore (o magari per proporsi come successore di se stesso…).
Conte, in questo suo ultimo intervento parlamentare da capo di questo Governo, è stato tonico ed ha detto cose condivisibili sui temi della responsabilità, del senso delle istituzioni, del rispetto delle regole. Ma sono chiaramente parole tardive, che andavo affermate ben prima, e a tutti gli attori di questo Governo fallimentare.
Non ha speso una parola sulla vicende dei migranti e sull’approvazione dei decreti sicurezza e degli effetti che hanno comportato, che pure sono intimamente connessi con quegli “interessi personali e di parte”, “per incrementare il proprio consenso personale”, con cui ha accusato il Ministro dell’Interno.
Il Senatore Salvini, intervenuto dal proprio scranno parlamentare, ha svolto un intervento scialbo, ricco di banalità e luoghi comuni (“solo chi non fa nulla non sbaglia mai…”). Ha mischiato l’esigenza (vera) del Paese di fare più figli – dimenticando però che i pochi preziosi soldi a disposizione li ha spesi per mandare in pensione prima alcune migliaia di lavoratori – con citazioni nuovamente a sproposito di persone e segni della fede cristiana (per altro baciando platealmente la Croce del Rosario in due passaggi del discorso di Conte). Ha fatto ben capire che se governasse in proprio farebbe una legge di bilancio in pesante deficit (“serve una manovra economica coraggiosa, alla quale lavoriamo da mesi, da almeno 50 miliardi di euro”) e che non si curerebbe del rapporto con l’Europa, tratteggiata come colei che tiene “schiava” l’Italia e che non si accontenterebbe di avere “la catena lunga”. E – colpo di scena finale – ha affermato che “se si vuole andare avanti per tagliare i parlamentari e per fare una manovra coraggiosa”, loro ci sono. Traduco: piuttosto che non avere le elezioni e vedere nascere un altro Governo, andiamo avanti qualche mese con il M5S… Pazzesco! Ma in sintonia con questa folle crisi di Governo ferragostana.
Matteo Renzi è intervenuto immediatamente dopo, ricordando le differenze di risultati tra i Governi del PD e quello che sta terminando il proprio mandato, tratteggiando il rischio recessione a cui il Paese va incontro se la crisi di Governo da colpo di sole lasciasse il Paese senza esecutivo e andando alle elezioni autunnali (ricordando che non è mai accaduto in 72 anni di Repubblica…). Dichiarato il fallimento dell’esperimento populista – che funziona in campagna elettorale, ma non al Governo -, ha parlato dell’odio che è stato fatto montare nel Paese, allargando poi lo sguardo sulle dinamiche europee e mondiali, sui processi dell’economia e gli effetti che avranno sull’Italia. Ha ricordato a Salvini le parole del Vangelo di Matteo al capitolo 25 – versetti 42 e 43 – e che il consenso è volatile (lui se ne intende…); al M5S che i pesanti attacchi personali ricevuti non impediranno al PD di votare con responsabilità un Governo con il M5S, per il bene degli italiani, evitando loro i pensati effetti di una nuova recessione.
Il Premier, terminato il dibattito, è salito al Quirinale per rassegnare le dimissioni.
Oggi è terminato il peggior Governo della storia della Repubblica.
Post A Reply