È trascorso un anno da quando, la mattina di venerdì 21 febbraio 2020, ci svegliammo con la notizia che era stato individuato il primo caso di Coronavirus in Italia: un uomo di 38 anni di Codogno, ricoverato in terapia intensiva nell’ospedale della sua città.
Avevamo ancora nella mente e negli occhi quelle incredibili immagini di una desolata Wuhan, in Cina, dove i contagiati venivano strappati da casa da personale che pareva pronto a salire su un’astronave. Ricordo che nei giorni precedenti, di fronte a quelle immagini, mi interrogavo distrattamente chiedendomi: “Ma se il virus arrivasse da noi, in Europa, che accadrebbe…?”. Ecco: lo sconosciuto coronavirus era arrivato anche in Italia, primo Paese occidentale ad individuarlo, dopo la diffusione in Cina e l’identificazione in Iran. Da quella mattina del 21 febbraio 2020 le cose cominciarono a cambiare celermente e vorticosamente, senza che potessimo immaginare e prevedere la dimensione di quanto poi è accaduto, consapevoli in seguito che si era di fronte ad una crisi sanitaria senza precedenti ed esplosiva. L’Organizzazione Mondiale della Sanità avrebbe dichiarato la pandemia solo 20 giorni dopo.
In breve si cominciano a contare contagi e vittime, a ieri giunte ufficialmente a 95.486, senza contare i numerosi casi di decessi non ufficialmente diagnosticati nel corso della prima ondata. Il pensiero va a chi non c’è più e al dolore dei loro cari. Credo che ciascuno possa annoverare qualcuno che conosceva che ci ha lasciati a causa del Covid.
18 giorni dopo la notizia del “paziente 1” l’Italia avviò il lockdown totale: la più impressionante condizione di necessaria limitazione collettiva mai vissuta. Città deserte, autostrade vuote, luoghi storici e d’arte spettrali. Per chi come me, per le ragioni legate all’ufficio che svolgo, ha potuto e dovuto muoversi in quelle settimane, resteranno indelebili le immagini di un’Italia mai vista.
Gli ospedali e il personale sanitario sono stati il baluardo di una difficile battaglia, combattuta in condizioni difficilissime, tanto da poter usare nei confronti di chi era in prima linea la parola “eroi”.
I Sindaci sono in breve diventati non solo il riferimento per i cittadini in cerca di risposte, ma anche il motore di una impressionante macchina organizzativa e di solidarietà che ha cercato in ogni modo di non lasciare solo nessuno. Medicinali, spesa, parole di conforto, controlli: quante persone si sono rese utili in questo difficile anno!
Tra i morti a causa del Covid si contano 326 sanitari e 11 sindaci: a loro, sul fronte della pandemia, va un pensiero speciale.
La scienza e la medicina hanno trovato in breve alcune importanti risposte per fronteggiare la crisi sanitaria e combattere il virus, salvando numerose vite. La ricerca ha consentito di trovare vaccini in tempi record. L’enorme bagaglio di conoscenze acquisito per fronteggiare il Coronavirus sarà utile nel prossimo futuro per sviluppare nuove cure anche rispetto ad altre malattie.
Purtroppo siamo ancora immersi in questa situazione emergenziale, perché la diffusione planetaria del virus e i tempi necessari per produrre vaccini per tutti impongono ancora la necessità di assumere tutte le cautele del caso di fronte a questo subdolo virus, che colpisce in maniera ampiamente diversificata le persone, a seconda di numerosi fattori.
Stiamo continuando a vivere una situazione emergenziale. Spesso ci lamentiamo, fatichiamo, non sopportiamo più le restrizioni a cui siamo sottoposti, i cambi di scenari e di colori con i quali sono classificate le regioni italiane; ci preoccupiamo per la salute dei nostri cari, ma anche per il futuro, per il lavoro, per la scuola. Tutto comprensibile e ragionevole. Però facciamo memoria di quanto accaduto in questo anno: ricordiamo i morti, le rinunce, le fatiche. Non possiamo disperdere in modo irresponsabile i sacrifici compiuti. Oggi serve da parte di tutti grande responsabilità: bisogna tenere duro. Non scivoliamo in comportamenti licenziosi e pericolosi. E se è vero che alcune scelte da parte del Governo e del Parlamento possono e devono essere riviste, è essenziale che ognuno di noi faccia la propria parte in modo coscienzioso, tenendo alta la guardia, fino a che l’emergenza sarà finita. Forza!
PS: io, per quanto non abbia più sintomi, risulto ancora positivo e quindi – essendo ormai trascorsi 21 giorni dal primo tampone positivo – posso uscire per una passeggiata (protetto e a distanza), ma non posso ancora tornare alla piena normalità e all’attività a Roma. Ringrazio Dio per aver contratto in modo leggero il virus, come accaduto anche alla mia famiglia, e attendo con pazienza di potermi negativizzare come già successo ai miei familiari.
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