25 Aprile 2015 a Cernusco: il mio discorso commemorativo

Cernusco sul Naviglio ha celebrato questa mattina il 70° anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo.

Bello vedere tante persone al corteo e bellissimo vedere giovani e giovanissimi prendervi parte.

Dopo la messa che ha commemorato le vittime di tutte le guerre, il corteo ha preso avvio da piazza Conciliazione per raggiungere piazza Matteotti: qui è stato inaugurato di fronte a palazzo Tizzoni il pannello informativo e commemorativo che ricorda che in quel luogo il 26 aprile 1945 anche Cernusco veniva liberata dal nazi-fascismo. Su quella targa – elaborata con ANPI e con il contributo storico di Giorgio Perego – si trova una sintesi di quanto avvenne in quella giornata di settanta anni fa e i nomi dei protagonisti di quella memorabile pagina di storia cittadina. Quest’anno i discorsi ufficiali si sono tenuti in piazza Matteotti, la piazza nella quale i cernuschesi esultarono quando venne annunciata la resa del comando militare tedesco asserragliato in palazzo Tizzoni. Dopo il discorso del presidente di ANPI Danilo Radaelli ho preso la parola per pronunciare il discorso più sotto riportato.

È stato bello celebrare l’anniversario della Liberazione nel luogo fisico dove 70 anni fa materialmente avvenne. Ed è stato bello poter ricordare che furono circa 200 i partigiani locali che si impegnarono nella lotta per la libertà, quasi tutti impegnati nella 11ª Brigata Matteotti, nella 26ª Brigata del Pololo e nella 105ª Brigata Garibaldi (alcuni combatterono in altre formazioni, in montagna o in altre province). Impossibile citare il nome di tutti, ma ho voluto comunque pronunciare i nomi dei principali esponenti delle forze partigiane: Felice Frigerio, Giovanni Vanoli, Vittorio Galeone, Edvigio Sirtori, Gian Luigi Barni, Mario Pirola, don Secondo Marelli, Pietro Tremolada, Giuseppe Comi, Giovanni Codazzi, Antonio Benelli, Ennio Sala, Angelo Ratti, Virginio Oriani, Pierino Colombo, Quinto Calloni, Roberto Camerani, Lino Penati, Antonio De Stefani, Bruno Perego, Luigi Grassi, Mario Manzoni, Regina Frigerio, Maria Codazzi, Giusepppina Pirola…

Al termine dei discorsi ufficiali il corteo ha proseguito verso piazza Martiri della Libertà: al monumento ai caduti è stata deposta una corona d’alloro in ricordo delle vittime di tutte le guerre; quest’anno sono state deposte anche delle rose bianche in memoria delle vittime innocenti morte nel mar Mediterraneo mentre cercavano la libertà. Il corteo si è infine diretto in largo Riboldi-Mattavelli dove è stata deposta una corona di alloro al cippo che ricorda l’eccidio fascista del 24 aprile 1945 nel quale vennero uccisi i partigiani cernuschesi Cesare Riboldi e Luigi Matavelli.

(Dopo i discorsi di piazza Matteotti ho dovuto lasciare il corteo per dirigermi a Milano dove ho preso parte alla commemorazione del 25 Aprile alla presenza del Presidente della Repubblica; il vice Sindaco Giordano Marchetti ha deposto le corone d’alloro e le rose bianche al monumento ai caduti e al cippo dei partigiani).

Autorità civili e militari, Associazioni partigiane, combattentistiche e d’arma, concittadini;

celebriamo quest’oggi il settantesimo anniversario della Liberazione d’Italia dal nazi-fascismo, evento centrale della storia recente del nostro Paese.

La Resistenza partigiana – che dall’armistizio dell’8 settembre 1943 per 19 mesi si sviluppo e radicò su tutto il territorio nazionale occupato dai nazisti e contro il governo fascista della Repubblica Sociale di Salò – vide una partecipazione vasta e stratificata del popolo italiano, caratterizzata dall’impegno unitario di molteplici e talora opposti orientamenti politici.

Il 25 aprile 1945, alle 8 del mattino, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia – il cui comando aveva sede a Milano ed era presieduto da Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani – via radio proclamò l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazi-fascisti, indicando a tutte le forze partigiane attive nel nord Italia facenti parte del Corpo Volontari per la Libertà di attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa, giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate. “Arrendersi o perire!” fu l’inequivocabile appello intimato dai partigiani in quel giorno e in quelli successivi.

La Liberazione d’Italia – che si completò entro il 29 aprile – poneva fine a vent’anni di dittatura fascista ed a cinque anni di terribile guerra. Il 25 Aprile aprì il percorso che avrebbe portato al referendum istituzionale del 2 giugno 1946 per la scelta fra monarchia e repubblica e poi alla nascita della Repubblica Italiana, con la stesura e approvazione della Costituzione entrata in vigore il 1° gennaio 1948.

 

Nella nostra città la Liberazione avvenne – come viene ricordato nel pannello che abbiamo inaugurato oggi – nel pomeriggio del 26 aprile. Furono circa 200 i partigiani cernuschesi che si impegnarono nella liberazione dal nazi-fascismo per restituire all’Italia la libertà. Fra questi c’è chi ha operato per tutto il periodo della Resistenza e chi si è impegnato per poche settimane; c’è chi ha ricoperto importanti ruoli di responsabilità militare e politica e chi ha dato il proprio contributo consapevole delle necessità del momento. A tutti loro quest’oggi va il nostro pensiero e ringraziamento, per l’impegno e la determinazione; alcuni di quegli uomini hanno perso la vita per consentire a noi quest’oggi di celebrare l’Italia liberata e li ricordiamo in modo speciale.

Gli uomini e le donne che si resero protagonisti della Resistenza ebbero certo grande coraggio, ma soprattutto seppero coltivare grandi valori. Come ha recentemente scritto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella “La Resistenza, prima che fatto politico, fu soprattutto rivolta morale”: significa che i partigiani vennero mossi – prima ancora che dal contrasto politico alla dittatura nazi-fascista – dal rifiuto delle profonde ingiustizie rilevate durante il Ventennio e più ancora durante gli anni della guerra e dopo l’armistizio. Si registrò uno sdegno istintivo contro la barbarie di chi trucidava civili e rapiva e deportava concittadini politicamente dissidenti, o ebrei, o zingari, o omossessuali. La sofferenza, il terrore, il senso d’ingiustizia, sono i tratti che hanno accomunato il popolo italiano in quel terribile periodo. Un popolo – composto di uomini, donne, spesso ragazzi e giovanissimi, di civili e militari, di intellettuali e operai – che “ha reagito anche con le armi in pugno, con la resistenza passiva nei lager in Germania, con l’aiuto ai perseguitati, con l’assistenza ai partigiani e agli alleati, con il rifiuto, spesso pagato a caro prezzo, di sottomettersi alla mistica del terrore e della morte” (Sergio Mattarella). La Resistenza fu tutto questo, ed è per tali ragioni che essa è patrimonio non una fazione, ma della nazione intera, di tutte le donne e gli uomini che si riconoscono in quei valori.

 

Oggi a settant’anni di distanza da quelle straordinarie e formidabili giornate, abbiamo il dovere di fare memoria e ricordare quei fatti, quelle azioni e quelle persone protagoniste, quanti persero la vita per la liberazione dell’Italia. Ma ricordare e fare memoria non basta: rischieremmo di fare un esercizio di retorica. In questi decenni abbiamo assistito a mitizzazioni della Resistenza, ad esaltazioni acritiche, come pure a stereotipizzazioni legate a lati e momenti oscuri: oggi che l’immagine della Resistenza – come sostenuto dal Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano – “si è ricomposta nella pluralità delle sue componenti: quella partigiana, quella militare e quella popolare; e in questa sua accezione più vera ed unitaria essa diventa parte integrante di quel più generale recupero della memoria storica e identità nazionale”, ebbene, oggi possiamo anche tentare di attualizzare quella pagina eccezionale della nostra storia, di chiederci cosa dice ai nostri giorni.

La Resistenza ha combattuto e vinto una concezione autoritaria, illiberale, esaltatrice della guerra, imperialista e razzista che il fascismo aveva affermato in Italia: la Costituzione nata dalla Liberazione ha capovolto concezione e valori. Oggi, però, non possiamo non chiederci se l’Italia sia ancora liberata da pensieri, parole e azioni di stampo fascista o se piuttosto non vi siano ancora pericolosi e preoccupanti rigurgiti di una cultura e – peggio – una concezione della vita che è l’opposto di quanto sognato e propugnato dai partigiani e che poi troviamo a fondamento della Costituzione. Come ha scritto nel 1955 il costituzionalista Costantino Mortati, “la nostra Costituzione si collega al grande moto di rinnovamento espresso dalla Resistenza, che ha come motivo ispiratore il potenziamento della persona umana in ogni campo della vita associata, nonché l’attuazione delle condizioni necessarie a una più intima e vissuta solidarietà nell’interno di ogni Stato e fra le nazioni”. Quel potenziamento della persona umana e quella solidarietà vissuta dentro lo Stato e fra le nozioni oggi paiono essersi appannate: razzismi e violenze prendono sempre più piede. Non era certo questo che i partigiani immaginavano nel futuro dell’Italia.

Ecco perché diventa quanto mai rilevante celebrare e fare memoria della Resistenza e della Liberazione: perché dobbiamo costantemente ricordarci cosa divenne l’Italia per colpa di una concezione della vita e delle relazioni fra gli uomini opposta a quella oggi sancita e tutelata dalla Costituzione. E ricordarci quale grande dono ci fecero i partigiani riconquistando la libertà.

Il nostro pensiero quest’oggi non può non andare anche ai tanti morti in mare di questi giorni e di questi anni: quella tragedia impone una riflessione sui concetti di libertà e democrazia e quindi non può non interpellarci in questa giornata nella quale celebriamo la nostra Liberazione. La libertà, infatti, è un bene in sé. Quanti hanno una retta coscienza civile e – al di là del diverso orientamento politico – hanno fatto propri i valori della Costituzione, non possono non essere sconcertati dal registrare che per alcuni il problema dell’immigrazione e di quanti vogliono riconquistare la libertà e desiderano per sé e i propri figli una vita migliore venga affrontato quasi esclusivamente sotto il profilo economico e con toni preoccupanti per una regolare convivenza civile. Oggi 25 Aprile, per il valore e la storia che questa ricorrenza ha per tutti noi, non possiamo non ricordare chi è oppresso, come noi lo siamo stati sino a 70 anni fa, quanti fuggono dai totalitarismi, dalle guerre, dalle persecuzioni, dalla povertà, chi ha combattuto in nome della resistenza e chi ancora oggi cerca la libertà, in ogni parte del mondo. A maggior ragione se tutto ciò avviene a pochi chilometri dai nostri confini e centinaia di persone muoiono nei nostri mari. Oggi è giusto ricordare anche queste persone: i partigiani avrebbero guardato a questi oppressi con occhi profondamente diversi da quanti oggi usano parole violente e ragionano in maniera demagogica. Ecco perché, al monumento ai caduti di piazza Martiri della Libertà, insieme alla corona d’alloro che ricorda le vittime di tutte le guerre, verranno deposte anche delle rose bianche – simbolo delle vittime innocenti e, in Germania, emblema dell’opposizione non violenta al regime nazista – per ricordare le povere vittime del mare.

 

Il grido di Piero Calamandrei “Oggi e sempre resistenza” non può che tradursi in un’attenzione e vicinanza ai nuovi oppressi. Il grande insegnamento della Resistenza è quello che le ingiustizie vanno sempre avversate e combattute e che è il conformismo a lasciare che i contesti degenerino. Oggi l’Italia – e non solo il nostro Paese – ha bisogno di maggiore spirito di solidarietà. E ha bisogno a tutti i livelli di più coraggio: nell’affrontare i problemi generati dalla crisi, nel gestire le dinamiche internazionali, nel vivere la dimensione socio-politica per ciò che essa vale e cioè servizio al bene comune, patrimonio di ognuno e di tutti.

 

È bello quest’oggi vedere a questa commemorazione giovani e giovanissimi: grazie per aver risposto al mio appello. Vi invito a conoscere la Resistenza: impegnativi a comprendere cosa davvero rappresentò, anche nella nostra città; riscoprite persone, luoghi, azioni che la hanno caratterizzata. Imparerete che solo con il coraggio e l’amore per la giustizia un Paese può crescere saldo e nel vero ben-essere. Ragazzi: la Resistenza è molto di più di un capitolo del vostro libro di storia, è vita vera di persone semplici ma coraggiose!

Questo è quanto i partigiani ci hanno insegnato e consegnato con la loro vita e in molti casi con il loro sangue: dobbiamo recuperare quel sentimento di solidarietà e speranza che ha animato i partigiani nella lotta di liberazione e nella costruzione dell’Italia moderna. Il Paese intero ne ha bisogno!

Viva i partigiani!

Viva la Resistenza!

Viva la Liberazione!

Viva l’Italia!

 

Eugenio

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